In questa pagina sono raccolti i contributi che tutti gli amici, ex-alunni, colleghi ci hanno inviato. Se hai un ricordo che vuoi condividere con la community non esitare a mandarcelo!

Un ricordo del professor Poli che ho conservato negli anni! Il volantino per la raccolta del pane secco per il canile, che facevamo noi il sabato mattina pra di entrare a scuola!
Annalisa Panero

Classe 3 A, leva 1982

Un’allegra capigliatura bionda, arricciata, sempre in movimento, sopra un volto sorridente ed amichevole. Amava la vita, la natura, il suo lavoro. E gli allievi se ne accorgevano.
Siamo stati colleghi negli anni ’80, anni non facili, in questa scuola. C’erano ancora problemi coi ragazzi delle nuove famiglie venute dal Sud e, anno dopo anno, la “Media 3” era diventata “quella delle case popolari”. Una popolazione scolastica diversificata che bisognava accogliere, capire, motivare, coinvolgere, integrare. E Marco Poli sapeva farlo.
Per quanto possibile con lui riuscivamo a collaborare. Si sa, fra le materie, matematica e lingue straniere vanno di pari passo! Come non ricordare quella bella iniziativa su droghe e alcoolismo, portata avanti coi ragazzi, con ricerche, interviste, grafici, disegni. Finì con tabelloni con flash bilingui, ed una bella mostra pubblica. E poi “le 160 ore di attività integrative” in cui le materie si mescolavano, interagivano.
Ricordo con piacere la passione con cui trasmetteva le cose, il suo attivo impegno nell’associazione “Lega per la difesa del cane”, per i cui valori riusciva a coinvolgere. Ricordo la semplicità della sua casa di Narzole, fra la natura, le piante e gli animali.
Marco Poli è nei miei ricordi una persona viva ed un professionista competente. Non solo un “insegnante” ma un “educatore” ed un “creatore e regista di attività partecipate”.
Grazie a questo collegio docenti ed agli allievi di mantenerne viva la memoria.

Raffaella Botto


Ero una ragazzina timida e molto insicura, convinta di non avere nulla di speciale, che si sentiva sempre in difetto rispetto ai coetanei. Sapevo ancora poco della vita e del mondo. Tutto mi spaventava.

Un giorno il professor Poli dedicò una delle sue lezioni di matematica a qualcosa di più importante (per noi alunni non era una novità, lo faceva spesso).
Così, sistemammo i banchi ai bordi dell’aula e ci disponemmo in cerchio. Marco chiese ad ognuno di noi di scrivere su un bigliettino una delle nostre paure, qualcosa che, in quei difficili anni di preadolescenza, ci attorcigliasse lo stomaco e ci togliesse il sonno. I bigliettini sarebbero stati anonimi e, insieme, avremmo discusso di quelle paure, per poi renderci conto, condividendole, che erano più comuni di quel che pensavamo.

Presi coraggio e scrissi su quel bigliettino che spesso, la sera, mi ritrovavo a pensare a conversazioni o fatti avvenuti in giornata, con la paura di aver detto o fatto qualcosa che potesse aver ferito o offeso qualcuno.
Francamente, mi sentivo un po’ sciocca ad avere questa paranoia e temevo di non aver centrato il tema richiesto da Marco, ma mi rassicurava l’anonimato.

Quando Marco pescò il mio biglietto e lo lesse, il suo commento fu: “Io me lo sposo quello che ha questa paura!”.

Ed ecco che un commento semplice, un apprezzamento sincero mi cambiarono la giornata (e forse anche qualcosa di più!).
Se Marco, proprio quel Marco che tutti amavano e stimavano, proprio lui che aveva una personalità così forte da far invidia a chiunque, aveva apprezzato quel mio bigliettino, allora forse non ero così male, forse anche io valevo qualcosa.

Ci vollero ancora molti anni per convincermene ma ancora adesso, all’alba dei miei trentacinque anni, non nego che spesso ripenso ai suoi insegnamenti: chiedersi cosa conta davvero nella vita, vivere in maniera onesta, essere sinceri e ragionare. Faccio tesoro di questi quattro pilastri e ringrazio Marco di avermeli inculcati così profondamente, tanto da tormentare le mie figlie e i miei alunni, affinché anche loro ne comprendano l’importanza.

Grazie Marco, un pezzo di te è in ognuno di noi!

Sara Gullino


Da Twitter


Ho sempre avuto una buona fiducia nei mezzi che la natura mi ha concesso, mi considero una persona arguta. Nonostante questo mi capita fin troppo spesso di stupirmi per la mia ingenuità.

Sono un informatico figlio degli anni ‘80, due addendi di un’equazione sufficienti per essere considerato da amici e parenti un riparatore nativo di computer e stampanti.

Ne ho riparati un numero incalcolabile quindi non mi stupii quando quel sabato mattina un amico di lunga data mi pregò di occuparmi di uno dei suoi PC portatili “Porta anche la tua fidanzata, così non la lasci sola mentre noi siamo affaccendati.”.

Parlammo di tutto quella mattina, del passato, del presente e del futuro. Ci perdemmo così tanto in chiacchiere che ci volle più di un’ora per preparare e consumare il caffè. Ci perdemmo così tanto in chiacchiere che all’ora di pranzo il PC non lo avevamo ancora toccato “Andiamo in trattoria, godiamoci questo bel momento e pensiamoci dopo al computer”.

Inutile dire che dopo il pranzo sprofondammo nuovamente nei nostri dialoghi. Alcuni mesi più tardi sarei convolato a giuste nozze quindi portai con me gli inviti che, sebbene apprezzati, vennero gentilmente declinati. Questo non gli impedì di consegnarmi un dono, una confezione di soluzione salina da usare per ridurre il mio fastidioso russamento notturno “Prendila tu, a me non serve più”.

A pomeriggio ormai consumato non avevo ancora sistemato i guai al computer e a quel punto iniziai a preoccuparmi che l’operazione avrebbe ritardato gli impegni di quella serata “Non ti preoccupare, lo sistemiamo un’altra volta. È stata comunque una magnifica giornata, figlioli”.

Ci accompagnò all’auto e ci dilungammo ancora nei saluti, prima di andare furono molti e lunghi gli abbracci. Sulla via del ritorno scherzammo sulla strana e piacevole giornata mentre la nostra attenzione era ormai rivolta all’aperitivo.

Quella volta ci volle un anno perché la mia ingenuità si palesasse, ma bastò una frazione di secondo per concretizzarla. Fu sufficiente veder comparire il breve messaggio di un amico fraterno comparire sul display del mio telefono cellulare “Posso chiamarti un secondo?”. Proveniva da uno di quegli amici che conosci da sempre e che se anche non senti per anni sembra non essere passato un minuto.

Quel sabato Marco ci disse addio ma in cambio volle ricevere un arrivederci perché quel momento fosse leggero e il suo ricordo fulgido.

Addio Marco, maestro di vita.

Alessandro Cabutto

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